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Come scrisse Walter Bonatti, l’esploratore dalle tre vite: “Chi più in alto sale, più lontano vede. Chi più lontano vede, più a lungo sogna”. Ed aggiungerei: chi più a lungo sogna, più giovane e curioso resta.
Curiosità… dopo essermi domandato svariate volte cosa mi ha spinto a fare quello che mi piace fare, la risposta si è concentrata in questa sola parola.
E’ stata la curiosità di provare, che ha fatto si che mi appendessi a delle prese in resina in una stanzetta per arrampicata indoor la prima volta che provai arrampicare (al di fuori degli alberi of course). Ricordo ancora benissimo la prima volta in falesia, quasi vent’anni fa… era solo l’inizio di questa reazione a catena che si sarebbe propagata in diverse direzioni. Da studente svogliato delle superiori a studente universitario interessato ed incuriosito… da Crema a Milano, da Milano all’Erasmus in Norvegia e qualche anno dopo all’Australia ed a molte altre terre lontane.
Partendo dall’arrampicata sportiva, anche grazie a nuove conoscenze, sono venuto a contatto con il meraviglioso il mondo dell’alpinismo, quello che permette di isolarsi su una parete uscendo dal quotidiano dove si è normalmente immersi, dove le difficoltà atletiche calano, ma la sfida mentale aumenta e con essa anche il potere meditativo dell’arrampicata stessa e che in collaborazione con lo yoga, mi ha portato all’equilibrio con me stesso. Per non parlare dell’alpinismo classico in alta quota, che partendo dall’attraversata dei Lyscamm, e passando per diversi 4000, mi ha permesso di arrivare sulla cima del Monte Bianco dalla via italiana con le lacrime di soddisfazione agli occhi, mie e di tutte le altre nove persone che hanno condiviso quell’esperienza quasi mistica con me… quelle cose che mentre le fai, continui a ripeterti: “chi me l’ha fatto fare?”, ma quando arrivi là, la soddisfazione di esplorare l’orizzonte da punti di vista così diversi dal solito, ti fa scordare la fatica.
Ed è questa sensazione che non fa mai perdere la voglia di esplorare… più lo fai e più lo vuoi fare, quando hai finito e ti senti consumato, non vedi l’ora di iniziare di nuovo.
L’esplorazione, che non dev’essere per forza qualcosa che nessuno al mondo ha mai visto, basta che tu non l’abbia visto, è, secondo me, l’evoluzione un filo più complessa della curiosità. Il forte desiderio di essere fuori dal mondo conosciuto, evadere dalla tua confort zone… passare dai colori delle basse altitudini all’isolato bianco delle cime. Il manto nevoso ovatta tutto, rende per pochi anche quei posti che d‘estate sono luogo di escursioni per tanti. Ed è l’inverno la stagione in cui ora trovo la massima gratificazione che riesce a darmi la montagna, grazie allo scialpinismo (o free-ride se vogliamo renderlo più figo): l’unione tra la soddisfazione di arrivare in cima grazie alla fatica delle tue gambe e la goduria di una discesa con gli sci in neve fresca e possibilmente polverosa… emozioni piene che RI-portano ad urlare come un bambino quando senti la neve che alzi, appoggiarsi sul viso… è un qualcosa che suscita emozioni semplici, dirette… che causano reazioni altrettanto semplici e dirette.
La curiosità e la voglia di esplorare e conoscere non si sono mosse solo in verticale, ma si sono prese il loro spazio anche nella parte più sociale, spingendomi all’incontro di culture differenti, nuove storie, nuove persone. Alcune di loro sono tuttora annoverate nella lista delle mie più grandi amicizie, come Thomas dalla Norvegia e Laurence dal Canada, altre le ho viste una sola volta nella vita, ma che mi hanno lasciato quella sensazione di crescita che ogni tanto si percepisce: l’aborigeno con cui ho chiacchierato in un supermercato a nord del Western Australia, il vecchio marinaio tedesco con cui ho bevuto in un pub delle Azzorre, la ragazza russo-tedesco con cui ho condiviso parte del mio viaggio in Israele… persone da cui involontariamente ho imparato ed a cui involontariamente ho insegnato.
Credo si possa concludere dicendo che l’essenza di queste quattro cose che vi ho raccontato e di quello che ho imparato fino ad ora, sia il fatto che la fuori c’è sempre qualcosa che non si sa e che si può provare, qualcosa che può diventare parte della propria vita o che può restare solo un’esperienza, quindi limitarsi a stare sempre nel proprio giardino di casa, è uno spreco di vita pazzesco.
Per qualsiasi dubbio, curiosità o informazione contattate Ikers.
Daniele Corlazzoli
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